di Christian Tosolin
Partiamo dalla premessa che in epoca Covid lo smart working vero e proprio non c’è stato ma un’evoluzione del modo di lavorare, sia nel privato che nel pubblico, si è vista. Chiamiamolo con il nome corretto, ossia remote working, dove la sede lavorativa si è spostata dall’ufficio al domicilio, dove il lavoro per obiettivi spesso non è stato messo in pratica ma si è semplicemente continuato ad affrontare la propria giornata di lavoro con le stesse modalità ma da una sede differente.
Certo c’è stato un notevole incremento dell’utilizzo del digitale, imparando a conoscere piattaforme nuove, sia per la condivisione dei documenti sia per poter mantenere attivi quei contatti tra colleghi, anche se solo tramite internet.
A livello nazionale vengono ora effettuate valutazioni a caldo su come l’emergenza abbia accelerato una ristrutturazione del lavoro, anche nel campo del pubblico impiego, che difficilmente avrebbe visto la luce in tempi così brevi e che ha permesso, almeno in parte, di sperimentare nuove strade e nuovi modelli.
Ora c’è da capire se, al termine della pandemia, si vorrà tornare ai modelli precedenti oppure si riuscirà a fare tesoro di questa sperimentazione forzata per proseguire il processo di innovazione sulle modalità di lavoro, introducendo il vero Lavoro Agile, così come viene chiamato nel nostro paese.
Le ultime dichiarazioni del Ministro dell’Innovazione Tecnologica Vittorio Colao, sembrano puntare ad un modello di lavoro misto che permetta ai dipendenti di sfruttare i benefici del lavoro agile ma anche di ritornare alla vita sociale e alla condivisione reale tra colleghi.
Anche il Ministro della Pubblica Amministrazione Renato Brunetta sembra voler tener conto dell’esperienza di questo ultimo anno dove le PA hanno sperimentato un lavoro agile tra benefici e difficoltà. Per poterlo mettere a regime sarà necessario, spiega Brunetta, una regolazione nei contratti di lavoro partendo dalla verifica della soddisfazione dei cittadini nei confronti degli Enti pubblici e dell’efficacia e dell’efficienza dei servizi messi in campo dalle PA.
Nel frattempo il Comune di Milano, anche passando attraverso una contrattazione sindacale, ha approvato il POLA, (Piano organizzativo del Lavoro agile) che ufficializza il lavoro agile come modalità lavorativa parallela a quella in presenza, puntando al miglioramento dei servizi dedicati al cittadino e, contestualmente, strizzando l’occhio alla sostenibilità ambientale e al miglioramento della conciliazione tra lavoro e vita privata.
La speranza e che tutte gli Enti locali possano seguire l’esempio del Comune di Milano affrontando, in maniera strutturata, i temi del lavoro agile senza barricarsi nei meandri della burocrazia che, troppo spesso, è stata usata come alibi per non innovarsi.
(Fonte DataMagazine)