Sono molti i Comuni italiani che si sono immediatamente adeguati alle disposizioni previste dal DPCM pubblicato il 12 marzo che, nell’ambito della gestione dell’Emergenza Coronavirus, ha definito lo smart working o lavoro agile, come forma ordinaria di svolgimento del lavoro nella P.a. Comuni soprattutto grandi ma anche piccoli centri, amministrazioni che avevano sperimentato questa modalità di lavoro già da tempo, ed altri che, invece, hanno colmato il divario tecnologico in pochi giorni.
Il Comune di Milano aveva ‘riattivato’ le procedure di smart working per i suoi dipendenti in occasione della chiusura della prima zona rossa di Codogno nel lodigiano. A metà marzo, nella macchina comunale il lavoro agile come modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa interessa già oltre 4mila dipendenti (erano 326 prima dell’emergenza Covid-19). Fatte salve particolari esigenze che richiedano la presenza di personale in ufficio e che dovrà essere comunque ridotta ed effettuata a rotazione.
Altrettanto pronto il Comune di Torino dove, secondo dati riferiti dall’amministrazione, quasi il 40% dei dipendenti comunali sta lavorando da casa. I dipendenti che sono stati autorizzati a svolgere la propria attività lavorativa in modalità smart working sono complessivamente 3.291 su un totale di 8.488, pari al 38,77%. Il numero maggiore dei lavoratori che operano in remoto è in servizio nella divisione Patrimonio, Partecipate e Facilitiy, cioè il 90,70% (195 dipendenti su 215), mentre il Corpo di Polizia municipale è quello con la percentuale minore pari al 5,59% (100 dipendenti su 1790).
Dal 17 marzo l’amministrazione comunale di Venezia ha ridotto lo spostamento in città e nelle isole al minimo: più di 1.900 dipendenti dei 2700 non si muoveranno più quotidianamente da casa, garantendo i servizi al cittadino. 498 sono quelli che per disposizioni nazionali non sono già operativi in sede (come i servizi educativi, biblioteche, servizio ispettivo Casinò), mentre oltre 1.450 saranno messi in smart working.
Lavoro agile da metà marzo anche ad Alessandria dove almeno il 10% del personale dipendente del Comune sta svolgendo il proprio lavoro da casa.
Così come a Reggio Calabria dove lo smart working non è più su base volontaria, ma è diventato prassi ordinaria per i dipendenti della Città Metropolitana di Reggio Calabria. La modalità del lavoro agile non riguarderà i servizi essenziali che verranno regolarmente garantiti ed eseguiti in base alla reperibilità del personale.
A Roma, invece, secondo i dati forniti dall’assessore capitolino al Personale Antonio De Santis, sono novemila i dipendenti comunali che lavorano da casa. Roma Capitale ha 23mila dipendenti e tra questi ci sono seimila insegnanti che hanno da tempo sospeso la didattica e seimila agenti di Polizia Locale che sono in larghissima parte operativi su strada. Restano altri 11mila dipendenti. Di questi, circa l’80% sta lavorando da casa. Il restante 20% effettua attività che sono legate all’emergenza Coronavirus o servizi indifferibili ed incomprimibili. Come gli impiegati dei servizi anagrafici per quanto riguarda il rilascio degli atti di nascita e di morte.
Smart working allargato anche al Comune di Napoli, dove per tutta la durata della fase emergenziale, i dipendenti potranno richiedere di esercitare la propria prestazione lavorativa anche per un numero limitato di giorni, qualora l’attività svolta non richieda la presenza fisica nella sede lavorativa.
Anche le città medie si stanno organizzando, come Latina dove la giunta comunale ha approvato la proposta di regolamentazione e gestione del lavoro agile per tutto il personale (dipendenti e dirigenti). Ciascun dipendente che svolga mansioni compatibili con l’assenza fisica dal posto di lavoro potrà richiedere di svolgere fuori ufficio la propria attività nelle modalità condivise con il proprio dirigente riducendo significativamente (fino ad una giornata lavorativa a settimana) la presenza fisica in ufficio. Novità anche nella vicina Sermoneta dove una delibera andrà ad individuare i servizi indifferibili che necessitano della presenza del personale, mentre per tutti gli altri si parte con il lavoro agile. Viene garantita la presenza dei dipendenti che si occupano di protocollo, anagrafe, stato civile, servizi sociali e Polizia locale, oltre a quelle attività indifferibili degli uffici che necessitano della presenza dei dipendenti.
Nel ferrarese il Comune di Argenta ha attivato da una decina di giorni le modalità per il lavoro agile con 34 persone che ne hanno fatto subito richiesta. A queste 24 se ne sommano 35 che fanno capo all’Unione Valli e Delizie, 12 al Comune di Ostellato e 17 per il Comune di Portomaggiore.
Lavoro agile anche al Comune di Amalfi dove i dipendenti dei Settori “Innovazione, Ambiente e Lavori pubblici”, “Urbanistica e Demanio” ed “Economico – finanziario” saranno al lavoro con questa modalità. Mentre per i settori di Protezione civile, Polizia locale e sicurezza del territorio, Stato civile, Anagrafe, Servizi cimiteriali e Polizia mortuaria, Assistenza sociale, Protocollo comunale, Igiene pubblica e ambientale, la presenza in sede dei dipendenti sarà garantita a rotazione per assicurare lo svolgimento dei servizi pubblici.
Smart working partito anche nei comuni di Bellaria nel riminese, Sant’Agata di Militello in provincia di Catania e Lucca Sicula nell’agrigentino; mentre nell’entroterra genovese si sono subito attivati i Comuni di Chiavari dove a lavorare da casa sono circa 70 dipendenti sui 240 totali; e Rapallo dove attualmente, sono 70 i dipendenti che usufruiscono dello “smart working”, su un totale di 217 unità (191 se si escludono agenti della polizia municipale e farmacisti impiegati nella Farmacia comunale). Molto importante che anche il Comune maceratese di Valfornace, nella zona colpita dal sisma del 2016, si sia subito adeguato alla nuova organizzazione lavorativa: tutti i dipendenti lavorano da casa in smart working tranne ovviamente i servizi di anagrafe e la Polizia locale.
Ma è soprattutto nei grandi centri che il lavoro agile ha subito trovato terreno fertile: a Palermo, già a metà marzo erano poco più di 2.500 i lavoratori per i quali era stato attivato il sistema di lavoro a distanza. L’obiettivo dell’amministrazione è quello di garantire ad almeno 3.000 dipendenti la possibilità di lavorare da remoto in modo tale da alleggerire al massimo il carico di presenze giornaliere negli uffici, garantendo comunque la funzionalità di quelli che per motivi materiali non possono o possono usufruire solo in parte del telelavoro.
Infine, a Genova al 25 marzo erano 2.549 i dipendenti del Comune in smart working, su un totale di 4.800. In pratica si tratta del 53 per cento dei dipendenti, una percentuale sempre in crescita, con significative variazioni tra una divisione e l’altra, dall’81 per cento della direzione sistemi informativi al 28 per cento della direzione servizi civici.