Montagna i primi fondi tra un anno

Francesco Dal Mas
 
Mercoledì il Senato ha varato la nuova legge sulla montagna, con 200 milioni di euro del fondo (Fosmit) che l’accompagna. Ma per metterla a terra ora servono i decreti attuativi.
 
Per dare incentivi al personale scolastico e a quello sanitario che scelgono di lavorare e vivere in montagna. Ma per vedere i decreti l’attesa potrebbe allungarsi fino a un anno. Anche di più.
 
i decreti attuativi
 
I decreti attuativi stabiliranno anche quanto riceveranno direttamente le Regioni. L’anno scorso il Friuli Venezia Giulia ha incamerato 5 milioni e 305 mila. Il Veneto ha incamerato 9 milioni e 595 mila euro. Ma la nuova legge sulla montagna blinda 105 dei 200 milioni di euro per la sanità di montagna (40 milioni), la scuola (20), le giovani imprese, la casa, la natalità, l’agricoltura e le foreste. Alle Regioni, quindi, resterebbero, di risorse dirette, 105 milioni. Il Veneto potrebbe ricevere quindi 3,7 milioni e il Friuli Venezia Giulia 2,3, in base ai precedenti criteri di distribuzione. Ma a questi trasferimenti diretti si aggiungono appunto gli indiretti, sempre per la montagna, in cui si articola la nuova legge: sanità, scuola, imprese, natalità, infrastrutture digitali, forestazione, altri servizi ancora.
 
i soldi
 
In Friuli e in Veneto ci si augura quindi di poter contare almeno sulle stesse somme dell’anno scorso: rispettivamente 5 e 10 milioni. E magari anche con un supplemento di risorse. L’Uncem, infatti, l’Unione delle Comunità e dei Comuni montani, ha già sollecitato il governo e il parlamento a recuperare altri 100 milioni. Non si sa ancora, però, quanti soldi nel dettaglio arriveranno per le varie voci indirette legate a scuola, sanità e altro: bisogna aspettare le future regolamentazioni. «Da 200 milioni di euro, introdotti dal precedente governo, si può salire anche attivando risorse dalle concessioni, idroelettriche, autostradali, delle attività estrattive» dice il presidente dell’Uncem, l’Unione delle Comunità e dei Comuni montani, Marco Bussone, «La montagna non vuole più regalare risorse». E, d’altra parte, la stessa legge sulla montagna chiama in causa la responsabilità della grandi concessionarie che operano sulle Terre alte. Venezia e Trieste, peraltro, hanno il compito di ridistribuire questi fondi ai Comuni montani. Attenzione, però.
 
la distribuzione
 
La legge prevede una nuova classificazione dei Comuni montani, per ridurli rispetto ai 3.200 che come tali sono oggi definiti in Italia. A settimane verrà nominata una commissione di esperti che dovrà lavorare sui criteri della certificazione. Nel dibattito parlamentare si è osservato che non bisognerà tener conto solo della altimetria e della pendenza del territorio, ma anche della marginalità sociale ed economica. Probabilmente si scenderà a quota 3.000. Nel caso del Veneto e del Friuli Venezia Giulia la certificazione attuale non verrà ritoccata, perché in queste due regioni non ci sono Comuni alpini di pianura e di città. «È anche vero che una riclassificazione è indispensabile, perché altrimenti» annota un sindaco alpino, come Alfredo Comis di Santo Stefano di Cadore, «sarebbe quasi ridicolo fare una legge come questa per accompagnarla da un Fondo che distribuisce 62 euro a Comune».
 
meno comuni e i decreti
 
Dopo la classificazione degli enti locali, i decreti attuativi più attesi – per taluni passaggi viene concesso anche un anno e mezzo – riguardano come si spendono le risorse per i medici, il personale sanitario in genere, quello scolastico, le imprese e i giovani che le promuovono sempre in montagna. «La legge indica solo la somma complessiva disponibile» evidenzia Bussone. «Quindi occorreranno dei coordinamenti fra ministeri per definire i regolamenti. La materia è complicata e richiede del tempo». Basti ricordare che dalla bozza di legge ci sono voluti tre anni per arrivare al varo parlamentare di mercoledì scorso. Sicuramente per quest’anno scolastico, ad esempio, non ci saranno premialità per il personale. Invece, secondo Bussone, meno complessa ma altrettanto «necessaria e urgente» è l’implementazione gestionale di «quella parte importante sulla forestazione, anzi sulla selvicoltura e la stessa agricoltura, di cui ha merito il senatore bellunese De Carlo». Ma è rimasto in ombra, per aspetti nello stesso dibattito parlamentare, un tema che invece è dirimente: la desertificazione del personale degli enti locali. Se ne sta occupando De Carlo. Specifica Bussone: «Purtroppo nel testo, nel capitolo abrogazioni, è rimasto un comma che riguarda Uncem e il taglio di un fondo previsto dalla legge di bilancio 2020, per fare formazione e supportare i Comuni nella riorganizzazione sotto la forma del “noi”, superando fragilità e solitudini, verso anche una riforma del testo unico degli enti locali. Agire per dare strumenti formativi ai Comuni, agli enti locali della montagna è il nostro impegno da sempre». —
Il Messaggero Veneto