Province voto alla Camera a metà luglio

Mattia Pertoldi / udine
 
Il centrodestra accelera sulla riforma dello Statuto che contiene il ripristino delle Province anche in Friuli Venezia Giulia. Come promesso dal segretario regionale del Carroccio Marco Dreosto, e annunciato ieri dal deputato della Lega Graziano Pizzimenti che segue da vicino il dossier a Montecitorio, la conferenza dei capigruppo ha calendarizzato per luglio – probabilmente a partire dalla metà del mese – l’analisi e la votazione in prima lettura del testo già approvato dalla commissione Affari costituzionali. «L’iter prosegue velocemente come speravamo – commenta l’assessore alle Autonomie locali Pierpaolo Roberti –. Adesso l’obiettivo è quello di cercare di capire quando potrà essere messa in agenda la prima lettura anche al Senato. La speranza, infatti, è quella di arrivare all’approvazione definitiva tra la fine di quest’anno e inizio del prossimo».
 
L’iter scelto dalla Regione
 
Al tramonto della passata legislatura il centrodestra ha scelto di non utilizzare la Commissione Paritetica Stato-Regione per fare rinascere le Province anche all’interno dei confini del Friuli Venezia Giulia. Invece di una norma di attuazione, nel dettaglio, Roberti ha presentato in Consiglio una proposta di legge costituzionale – come tale è lo Statuto di Autonomia –, approvata con i voti della maggioranza e quindi trasmessa a Roma per l’analisi del Parlamento. Tutte le leggi costituzionali, compresa ovviamente quella che riguarda la nostra regione, hanno bisogno di ottenere due votazioni positive sia a Montecitorio sia a palazzo Madama, a intervallo non minore di tre mesi, con l’approvazione a maggioranza assoluta dei componenti di ciascun ramo del Parlamento in seconda lettura.
 
I primi step alla camera
 
L’iter parlamentare vero e proprio è stato avviato a ottobre con l’inizio dell’analisi in commissione Affari costituzionali della Camera. Dopo quasi sei mesi di discussioni, audizioni e votazioni, il centrodestra ha portato a casa il primo ok alla riforma con, tuttavia, alcune sostanziali modifiche che sono state poi approvate anche dal Consiglio in modo tale da fare collimare formalmente i desiderata di Trieste all’azione politica di Roma. La più importante è quella che rinvia a una legge regionale l’iniziativa e il quorum richiesti per la validità del referendum confermativo sulle leggi statutarie, a partire dalle norme elettorali. Lo Statuto regionale, così come modificato nel 2001, impone, per la definizione delle leggi elettorali, che il Consiglio approvi la norma a maggioranza assoluta. La legge, tuttavia, è sottoposta a referendum confermativo – senza quorum – qualora ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori del Friuli Venezia Giulia oppure un quinto degli eletti in Aula, perciò dieci consiglieri. Se però la norma viene approvata con il voto dei due terzi dei componenti, il referendum si tiene soltanto se a farne richiesta è un trentesimo degli aventi diritto al voto. L’emendamento passato a Montecitorio, invece, sostituisce la parte che parla del quinto dei consiglieri che devono richiedere il referendum con questo testo: «la legge (…) può essere sottoposta a referendum regionale secondo la disciplina prevista da apposita legge regionale». Questo significa, che nel caso in cui la modifica dello Statuto superi la doppia lettura parlamentare, le maggioranze di turno a Trieste potranno essere, di fatto, autosufficienti nella modifica delle leggi elettorali, con il referendum che si terrebbe soltanto previa approvazione di una nuova, e specifica, norma regionale.
 
Gli obiettivi del centrodestra
 
Il principale traguardo che vuole raggiungere il centrodestra è quello di tornare – possibilmente già nel 2025 – alla rinascita delle Province nelle forme e dimensioni di quelle cancellate dal centrosinistra, come testimoniano i confini degli Edr, cioè i nuclei per il ripristino degli enti intermedi. La giunta, tra l’altro, punta a riavere le Province nella versione di realtà di primo grado, pertanto con elezione diretta di presidente e rispettivi consiglieri. Un’opzione, questa, forse più difficile da realizzarsi perchè potrebbe scontrarsi con i contenuti della legge Delrio che impone l’elezione indiretta. —
 
Fonte Il Messaggero Veneto