«Servono servizi e progetti concreti per il rilancio»

Giacomina Pellizzari
 
A prescindere da chi la presenta come un toccasana o da chi rileva alcune criticità, la legge Montagna passerà l’esame sui territori purché, ripetono i presidenti delle Comunità di montagna, finanzi la creazione di asili nido, scuole, servizi sanitari e sociali, reti tecnologiche affidabili e l’acquisto della prima casa. Senza la certezza di poter disporre dei servizi si rischia di mettere in discussione i segnali positivi che si intravvedono anche nelle terre alte del Friuli Venezia Giulia.
 
Proprio perché i problemi da affrontare sono molti, il presidente della Comunità di montagna Dolomiti friulane, Dino Salatin, parla chiaro: «Se saremo in grado di coglierla e di avanzare proposte concrete si tratta di una grossa opportunità. Dobbiamo smetterla di piangerci addosso e di chiedere la carità, se continueremo a comportarci in questo modo non abbiamo futuro».
 
Salatin ritiene che chi va a vivere in montagna – nell’ultimo anno, nel Pordenonese, in 1.200 hanno fatto questa scelta – «deve poter vivere di montagna. È del tutto inutile fare discorsi politicamente corretti, per contrastare lo spopolamento servono progetti concreti».
 
E pure i servizi, aggiunge il vicepresidente della Comunità di montagna della Carnia, Lino Not, secondo il quale non sono tanto le prospettive occupazionali a diventare fondamentali per convincere le famiglie a trasferirsi in montagna, quanto la disponibilità di servizi qualitativamente elevati. E se tutto questo, come sostengono i politici di centrodestra, è previsto dalla legge, a preoccupare il centrosinistra sono le risorse perché 200 milioni a livello nazionale non basteranno per contrastare lo spopolamento favorendo l’emigrazione dai centri urbani.
 
A definirlo un grande risultato che mette a disposizione 200 milioni a livello nazionale, è il senatore leghista, Marco Dreosto, convinto che si tratti di una legge fondamentale per ridurre i divari economici e implementare i servizi e le comunità, prestando attenzione ai giovani e alle famiglie e per «stimolare la natalità e la creazione di opportunità occupazionali di prossimità». Dreosto ricorda, infatti, che le terre alte occupano il 35 per cento del Paese e del Friuli Venezia Giulia.
 
Dello stesso avviso il deputato del Carroccio, Graziano Pizzimenti, il quale confessa di aver sempre avuto nei suoi pensieri le aree montane, quelle che – aggiunge –«grazie al ministro Calderoli e a questo Governo tornano a essere centrali. Si tratta di un risultato eccezionale, frutto di un lavoro che la Lega ha portato avanti con grande determinazione per dare dignità e garantire i servizi essenziali nelle terre alte. Più tutele per la nostra gente, più servizi, più diritti: questo è l’obiettivo che possiamo dire di aver raggiunto e che intendiamo perseguire per il futuro».
 
Diversa la valutazione della deputata dem e già presidente della Regione, Debora Serracchiani, secondo la quale 200 milioni non sono molti per garantire la ripresa delle terre alte. «Se mancano le risorse restano parole e con la dotazione finanziaria di questa legge le dichiarazioni di principio sono destinate a non avere effetto. Con 200 milioni non si inverte la sorte della montagna che sembra condannata allo spopolamento e alla progressiva perdita di presidi in un inarrestabile circolo vizioso». Serracchiani non solo definisce «insufficiente» la dotazione finanziaria, ma aggiunge anche che tale carenza «riflette la rassegnazione che traspare dal recente Piano strategico nazionale delle aree interne, su cui aveva ammonito anche la lettera dei vescovi italiani al Governo e al Parlamento. Per salvare la montagna serve una vera alleanza trasversale, ascolto, impegno, e per questo ci eravamo astenuti nella prima lettura al Senato sperando in successivi cambiamenti alla Camera, che però non sono arrivati obbligandoci a votare contro».
 
A rincarare la dose e a definire «propaganda» i toni con cui il centrodestra ha comunicato l’approvazione della legge ci pensa il consigliere regionale dem, Massimo Mentil: «La proposta fatta da un ministro che non sa che ci sono Comuni montani con pochissimi abitanti, ma con un’estensione paragonabile a quella di Milano, e quindi con forti problematiche di gestione, che legge potrà mai essere?», si chiede Mentin nel dirsi convinto che per invertire il trend dello spopolamento servono proposte a cui, conclude, «continuano a non arrivare risposte, nonostante la grande disponibilità di risorse anche regionale gestita con l’assegnazione di fondi a pioggia per un evidente tornaconto elettorale». —
Il Messaggero Veneto