Ridisegnare le città del futuro in una prospettiva di genere e secondo gli obiettivi stabiliti dall’Agenda 2030 dell’Onu per rendere il contenuto urbano non solo a “misura d’uomo” ma anche di donna. E’ l’obiettivo del progetto “Pordenone città futura” realizzato dal Comune di Pordenone, in collaborazione con ANCI , ANCI Fvg, Federsanità Fvg, Ordine dei giornalisti FVG, IRES Fvg e presentato nei giorni scorsi.
Ad aprire i lavori Guglielmina Cucci, assessora alle pari opportunità e politiche sociali e referente per ANCI FVG del tavolo regionale per la parità di genere, insieme con Dorino Favot, presidente di Anci FVG. Tra i relatori, Antonio Furlanetto, esperto di Anticipatory risk management e Ceo di Skopia, realtà unica in Italia che si occupa di anticipazione e strategie orientate al futuro; Chiara Cristini, ricercatrice Ires Fvg, esperta di politiche di parità e project manager di “Pordenone città futura” e Simone D’Antonio, giornalista ed esperto di politiche urbane europee per Anci.
“L’idea di applicare questo sguardo trasversale di genere – ha spiegato Cucci – si propone di migliorare ulteriormente la qualità della vita a Pordenone, fornendo risposte efficaci, in grado di diminuire divari e diseguaglianze tra uomini e donne, favorendo nel contempo un processo di empowerment femminile di cui tutta la società potrà beneficiare”.
E’ da tanti anni – aggiunge il Presidente Favot – che si parla di transizione digitale ma dobbiamo farlo nell’ottica di fornire servizi innovativi, proprio perché, quando si parla di organizzazione delle città non si parla solo di urbanistica ma, appunto, di servizi . Mi piacerebbe che parlare di Politiche Sociali non significasse più agire per tamponare delle problematiche ma mettere in campo un sistema di azioni per migliorare la qualità di vita della cittadinanza a 360°.“
Sono state raccolte proposte e idee che possono contribuire a migliorare ulteriormente la qualità della vita – ha rivelato Cristini – e lo abbiamo fatto coinvolgendo un gruppo di donne di diverse età, con uno sguardo a lungo termine, recuperando e cercando di valorizzare quanto già esiste ma agganciandolo all’Agenda 2030 e ai relativi obiettivi di sviluppo sostenibile. Innovativa è stata anche la metodologia di lavoro. L’esperienza è stata analizzata come buona prassi sia a livello europeo, sia nazionale”.
Coinvolte in questa prima edizione circa 30 donne di diverse età e background formativi e professionali e al termine, è stato redatto un manifesto-decalogo e linee guida.
I focus group, con il coordinamento scientifico di Ires, hanno utilizzato la metodologia degli “esercizi di futuro” basata sull’approccio Unesco dell’università di Trento e la U-Theory del MIT di Boston; la visualizzazione grafica (seguita dalla fumettista Sara Pavan) e percorsi di “immersione scoperta” della città al femminile, secondo la metologia del game based learning e dei giochi di ruolo con Michele Viel e Alan Mattiassi.
La sfida ora sarà riuscire a trasformare il futuro desiderato in futuro possibile, provando a realizzare le indicazioni ricevute.
Simone D’Antonio, consulente di ANCI, ha sottolineato “Il programma URBACT è da tempo attivo con una serie di iniziative e reti tematiche sul design delle città secondo una prospettiva di genere. Esperienze come quelle di Umea, Barcellona, Parigi ed altre città in Europa stanno animando un dibattito che tocca numerosi aspetti, dall’accessibilità di spazi e servizi pubblici alla sensazione percepita di sicurezza. Come Punto nazionale del programma per l’Italia stiamo promuovendo un impegno concreto delle città italiane sul tema, valorizzando pratiche ed esperienze positive come quella di Pordenone che possono consolidare la creazione di politiche condivise a livello locale, con un impatto forte anche su scala regionale e nazionale”.
“Il vero scopo – ha rimarcato Antonio Furlanetto CEO di Skopia – dovrebbe essere quello di vivere in città pensate e costruite per far sì che le persone possano condurre una vita soddisfacente. Insomma luoghi in cui fruire di servizi efficienti e che si adattano ai cambiamenti e dove sia possibile realizzarsi dentro e fuori il lavoro, intrattenere relazioni gratificanti ed essere felici. Servono nuovi strumenti – concettuali e operativi – per gestire questa transizione e pianificare gli ecosistemi urbani con lungimiranza e sostenibilità in un’ottica di lungo periodo”.