Sappada 15 anni dopo il referendum

Fu la voglia di Autonomia, con la a rigorosamente maiuscola, a spingere i sappadini a chiudere tre lustri fa un percorso iniziato molti decenni prima.

A marzo Sappada celebrerà i quindici anni dal referendum che diede l’abbrivio al percorso che nel 2017 sfocerà con il passaggio della località cadorina dal Veneto al Friuli Venezia Giulia. Regione, quest’ultima, che gode di quell’autonomia anelata da decenni nella parte più occidentale del Nordest. Quindici anni dopo quel plebiscito (il 95 per cento votò a favore della secessione dal Veneto) e a cinque dal voto del Parlamento che ha fatto di Sappada il 134° Comune della provincia di Udine, è difficile trovare in paese qualcuno in preda alla nostalgia.

il comitato

«Il passaggio in Friuli è stata la salvezza per Sappada, per la sua comunità linguistica minoritaria», sintetizza Alessandro Mauro, portavoce del comitato che all’inizio del millennio si è battuto per il salto della barricata geopolitica. «Il Friuli Venezia Giulia, più piccolo, è maggiormente vocato alla tutela delle minoranze e delle realtà più piccole, come può essere Sappada. Il Veneto è una regione organizzata, nulla da dire: ma comprende realtà turistiche e culturali di livello, con le quali è difficile competere per noi. In Friuli ci troviamo a casa, riusciamo a interloquire con maggior efficacia con le istituzioni e con i nostri vicini».

il referendum, le resistenze

La voglia di Friuli dei sappadini ha radici profonde, del resto. Nel 1966 in canonica si ritrovarono diciotto capifamiglia: sotto l’egida di don Tarcisio Lucis diedero vita a un comitato, incaricato di coordinare le azioni per portare Sappada in Friuli. Del comitato faceva parte anche Giorgio Piller Puicher, poi primo cittadino del paese. Come il compianto Max Pachner, pure lui sindaco e poi vicepresidente della provincia di Belluno, che fu tra i più fieri oppositori nei Duemila dell’addio al Veneto. «È stato un avversario leale: le battaglie si sono sempre combattute su un terreno di assoluta civiltà», lo ricorda Mauro. Marco Fauner è imprenditore agricolo. Le domeniche sono dedicate al pallone: è il bomber del Sappada, e sui campi da gioco del campionato Carnico si è guadagnato il soprannome di Messi: tra i vitellini del suo allevamento all’ombra delle Dolomiti racconta che all’epoca della formalizzazione del “salto” in Friuli «ero scettico, anche sentendo i colleghi della Carnia. Ma ora le cose mi sembrano a posto, stanno andando bene».

gli investimenti

L’architrave dell’economia sappadina è senza dubbio il turismo. E a Trieste ne sono consapevoli: «L’ingresso di Sappada nel Friuli Venezia Giulia ha segnato una linea di demarcazione verso una nuova gestione e nuovi scenari turistici ed economici, per la vallata e per le valli circostanti – argomenta l’assessore regionale alle Attività produttive, Sergio Emidio Bini -. In particolare, il passaggio di tutti gli impianti di Sappada sotto il controllo di PromoTurismoFvg, concretizzatosi a fine 2019, ha rappresentato un momento importante nel percorso di integrazione del comune dolomitico nel Friuli Venezia Giulia. Una operazione gestita con trasparenza e rapidità, che ha reso il comprensorio sappadino il sesto polo sciistico del territorio regionale. Per il polo sciistico di Sappada l’impegno è stato fin da subito molto importante, con investimenti puntuali e significativi volti a migliorare l’offerta turistica dell’intera stazione sciistica». Con la Finanziaria regionale del 2021 sono stati stanziati 15,5 milioni di euro per un ambizioso progetto di sviluppo degli impianti del polo di Sappada 2000.

Christian Seu/ INVIATO A SAPPADA
Fonte Il Messaggero Veneto