E’ consentito procedere alla surroga dei consiglieri comunali dimissionari anche laddove non sia possibile una valida riunione del Consiglio in prima convocazione per via delle sopravvenute dimissioni di un numero di consiglieri tale da non consentire il raggiungimento del quorum costitutivo, purché l’assemblea sia in grado di deliberare in seconda convocazione con il quorum previsto dal regolamento, nel rispetto dell’art. 38, comma 2, d.lgs. n. 267 del 2000.
Lo ha stabilito il Consiglio di Stato, sez. III, con la sentenza17 marzo 2021, n. 2273, occupandosi dello scioglimento del Consiglio comunale di Pietrapaola e chiarendo che l’illegittimità delle delibere che hanno rifiutato la doverosa surroga, esprimendosi immotivatamente per ben due volte in senso negativo rispetto ad essa, impone necessariamente non solo il loro annullamento, ma anche una pronuncia sulla fondatezza della pretesa fatta valere, con la conseguenza che, venendo in rilievo, ai sensi dell’art. 31, comma 3, c.p.a., una attività vincolata consistente nella necessaria adozione della delibera di surroga illegittimamente mancata, si deve ritenere legittimamente, doverosamente, subentrato al posto del consigliere dimissionario il primo dei non eletti nella medesima lista. Non è condivisibile, inoltre, l’assunto in ordine alla necessità di dover procedere alla surroga con il quorum costitutivo richiesto per la prima convocazione, perché una simile tesi si scontra con il rilievo che, in base all’art. 38, comma 2, del d. lgs. n. 267 del 2000, il quale si riferisce ai consiglieri “assegnati” al Comune, e non a quelli in carica, deve ritenersi indifferente per la validità delle deliberazioni, che risultino adottate in seconda convocazione, con la presenza di un terzo dei consiglieri assegnati al Comune, conoscere le ragioni del mancato raggiungimento del numero legale in prima convocazione.
La seconda convocazione di un collegio deliberante – affermano i giudici di Palazzo Spada – infatti ha lo scopo di ridurre il quorum strutturale necessario per la validità delle deliberazioni, per evitare, in base a un principio di efficienza dell’organo collegiale, la paralisi di questo. In relazione a tale finalità, come questo Consiglio di Stato ha chiarito nella sentenza della sez. V, 17 febbraio 2006, n. 640, sono irrilevanti le ragioni per le quali non si è potuta tenere l’adunanza in prima convocazione, qualunque ne fosse il motivo. Una diversa interpretazione non solo sarebbe contraria all’art. 38, comma 2, d.lgs. n. 267 del 2000, ma presterebbe il fianco ad interpretazioni formalistiche e, soprattutto, ad azioni opportunistiche in grado, diversamente, di paralizzare la vita dell’ente e condurre allo scioglimento anticipato della consiliatura in contrasto patente con la volontà popolare espressasi nelle elezioni. Vale infatti ricordare – ricordano i giudici – che la surroga del consigliere comunale dimissionario, laddove non vi ostino ragioni d’incompatibilità, costituisce un atto dovuto e, in quanto tale, non può essere impedita o venire a mancare per effetto di manovre dilatorie e ostruzionistiche in seno al Consiglio comunale che paralizzino il regolare svolgimento della vita democratica dell’ente locale e il funzionamento dei suoi organi elettivi, conducendo addirittura al suo scioglimento in ipotesi estreme.
(Fonte Il Giornale dei Comuni)