Cure, la spesa sale fuori regione

Marco Ballico
 
Il Friuli Venezia Giulia conferma la tendenza alla mobilità sanitaria in uscita, vale a dire visite, esami, ricoveri, interventi chirurgici fuori regione. Soprattutto per la protesica nel privato accreditato del Veneto. Con riferimento al 2023, il saldo tra il costo da rimborsare per i residenti che si vanno a curare altrove (mobilità passiva) e le entrate di chi, al contrario, varca il confine in direzione delle strutture del territorio (mobilità attiva) è negativo per 14,1 milioni. Un dato che peggiora, seppur di poco, il –13,5 milioni del 2022.
 
La panoramica
 
La fotografia è di Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali che ha costruito un’ampia analisi sulle principali dinamiche intra e interregionali, riguardo le prestazioni di ricovero e di specialistica ambulatoriale. Premesso che i ricoveri in mobilità costano 2,88 miliardi in Italia, le regioni più attrattive, nello specifico degli ospedali, sia del pubblico che del privato convenzionato, sono Emilia Romagna (+387 milioni), Lombardia (+383 milioni) e Veneto (+115 milioni). Il loro appeal è in gran parte dovuto ai raggruppamenti di diagnosi legati alle malattie e disturbi del sistema muscolo-scheletrico e del tessuto connettivo, che rappresentano per le tre regioni il 52%, il 31% e il 34% dell’attrazione totale.
I saldi negativi più pesanti si osservano invece al Sud. La Campania è in rosso per 211 milioni, la Calabria per 192 milioni, la Sicilia per quasi 140 milioni, la Puglia per 127 milioni. Il Fvg, tra le regioni con saldo passivo, è al terzo posto. Perdono di meno la Provincia di Bolzano (-3 milioni) e la Valle d’Aosta (-9 milioni), altri undici territori registrano cifre più alte.
 
In regione
 
La situazione nella nostra regione è cambiata già prima della pandemia. Il report Agenas ricostruisce il trend anno per anno dal 2018, quando il Fvg aveva un saldo attivo di 2,2 milioni. Nel 2019 il primo passivo (-3,5 milioni), confermato nel 2020 (-3,5 milioni) e nel 2021 (-7 milioni). Nel 2022 e nel 2033 l’ulteriore peggioramento. Quanto ai valori assoluti, la Regione spende 57 milioni (uno in più del 2022), di cui 7 per la mobilità casuale (ricoveri effettuati in urgenza fuori regione), uno per la mobilità apparente (ricoveri nella regione di domicilio del paziente, quanto questa non coincide con la regione di residenza), 27 per la mobilità per prestazioni ad alta complessità, 19 per la medio-bassa complessità, 3 alla voce “inappropriatezza”. Entrando poi nel merito delle patologie, si scopre che la gran parte della “fuga” è per cure per il sistema muscolo-scheletrico (in particolare anca, ginocchio, spalla), con un costo complessivo di 27 milioni, di cui ben 23 nel privato accreditato.
Per fare qualche altro esempio, nel 2023 per problemi cardiocircolatori sono usciti fuori regione 4,1 milioni, per il capitolo reni e vie urinarie 2 milioni, per disturbi all’apparato digerente 1,6 milioni, per malattie dell’occhio 430 mila euro. La mobilità attiva per il Fvg vale 43 milioni (uno in più del 2022), ci cui 7 per la mobilità casuale, uno per la apparente, 17 per l’alta complessità, 16 per la medio-bassa complessità, 2 di “inappropriatezza”.
 
L’analisi
 
Nel portale Agenas non era ieri possibile entrare nel dettaglio delle patologie per le quali i pazienti di fuori regione hanno scelto di farsi curare in Fvg. Ma il quadro è sufficiente per un commento dell’assessore alla Salute Riccardo Riccardi. «Stiamo stabilizzando la mobilità passiva e aumentando l’attrazione, ma rimane non risolta la questione della spesa nel privato accreditato del Veneto, soprattutto per ortopedia e riabilitazione», spiega Riccardi ribadendo la tesi: «Il budget che prevediamo per il nostro privato accreditato, con un’incidenza pro capite inferiore di un terzo a quella di Veneto ed Emilia Romagna, ci ha consentito di contenere le perdite, ma non può bastare per concorrere con le altre regioni». Di qui, in vista del prossimo accordo triennale, l’ipotesi di incrementare le risorse al privato accreditato Fvg. I 110 milioni attualmente previsti valgono circa il 5% del Fondo sanitario regionale di parte corrente assegnato alle Aziende, il tetto massimo previsto dalla legge è del 6%. Margine, dunque, ce n’è. —
 
Fonte Il Messaggero Veneto